Secondo i fratelli Wright, hanno sempre non solo lavorato ma anche “pensato insieme”. Insieme non significa la stessa cosa. Al contrario: gli inventori litigavano così spesso e ad alta voce che i loro vicini nella tranquilla cittadina di Dayton (Ohio) si erano abituati alle continue urla. Ma le loro discussioni non erano solo parolacce: avevano un sistema.
Il padre li aveva addestrati fin dall’infanzia ad avere discussioni produttive. L’addestramento avveniva in questo modo: dopo cena, assegnava ai ragazzi un argomento da discutere. Ognuno doveva difendere la propria posizione senza andare sul personale. Una sorta di boxe intellettuale con regole chiare: “niente morsi e niente calci”. La sconfitta non significava perdere la discussione, ma arrendersi prima di essere sfidati.
Questa idea sarebbe sicuramente piaciuta a Socrate. Anche l’antico filosofo greco credeva che il dibattito fosse l’unico modo per liberarsi di quelle che oggi chiamiamo distorsioni cognitive. Amava condurre i suoi dibattiti nella piazza del mercato di Atene e sceglieva come avversari i pensatori più rispettati della città. La sua tecnica preferita era quella di iniziare chiedendo al suo interlocutore cosa pensasse della giustizia o della felicità. Ascolta con attenzione. E poi chiedergli in dettaglio perché la pensa così. Sotto la pioggia di domande, le illusioni intellettuali del suo interlocutore crollavano come un castello di carte.